www.revuegourmet.com

Mi è costato fatica, ma ora è on line www.revuegourmet.com: si accettano critiche e consigli...io mi riposerò per qualche giorno...uno o due...

Vi aspetto di là!

   ~~~~~
 

Corsi e "ricorsi" gastronomici

Alessia, mia compagna nel corso di alta cucina presso la scuola Altopalato, mi invia la foto in cui immortala il momento della consegna del diploma. Come al solito, ho proprio una faccia da scema: scimmiottare davanti all'obiettivo ne esprime tutto il mio disagio. Per me, però, rappresenta un bel ricordo che sigla la fine di un percorso iniziato otto settimane prima e che si è concluso con una bella cena, preparata durante un intero pomeriggio.
Accanto a me il magistrale cuoco Lucio Caporarello, la cui bravura non consiste soltanto nel possedere quel bagaglio di tecnica e di conoscenza degli ingredienti che tutti i cuochi dovrebbero avere, ma anche nell'abilità di trasmettere pazientemente il suo sapere. Non è affar semplice ripetere all'infinito concetti espressi magari un attimo prima ad un pubblico un po' indisciplinato: sì, perché, con il passar del tempo, gli allievi diventano affiatati e perciò più distratti, sia dalle chiacchiere che dal buon cibo! Onore al merito, quindi, e un grazie per tutti gli insegnamenti che ha saputo trasmettermi, per gli errori corretti dal suo occhio vigile, per i pesci inutilmente squamati visto che andavano sfilettati, per le verdure inutilmente ridotte a brunoise visto che andavano passate e, soprattutto, per i due etti di pisellini che, a me, a Paola e a Sonia, ha fatto sbucciare uno ad uno per la grande cena finale! Ovviamente, volete mettere la differenza?! :-)
Accanto a Lucio, Terry Sàrcina, in tutta la sua eleganza, e non intendo quella che a molte donne nemmeno un abito di Valentino riesce a donare. Mi riferisco al suo savoir-faire, al modo in cui si muove in cucina, ai gesti abili, ma aggraziati e al suo calore umano. È superfluo sottolineare quanto le sia sinceramente affezionata.
A sinistra si intravede anche Toni Sàrcina che allieta ogni cena di fine corso con il suo sapere, aneddoti e sapide battute.

Questo è stato il mio secondo corso in Altopalato e sicuramente non sarà l'ultimo perché mi diverto, mi rilasso e imparo tantissimo. E il divario con chi cerca di offrirti "prodotti simili" si avverte ancor di più quando si è abituati all'eccellenza. Altopalato non è una semplice scuola, ma un centro di cultura con la solida esperienza di una trentina di anni: ciò che si percepisce da subito è l'intento di diffondere la cultura del mangiar bene, dello stare a tavola, della convivialità e mai si ha la sensazione che questo venga fatto a scopo di lucro. Purtroppo, non sempre è così, anzi spesso ci si imbatte in esperienze deludenti, se non addirittura inutili considerata la facilità ad improvvisarsi tipica degli italiani, soprattutto in quei settori dove si può struttare l'onda del successo. L'arte dell'arrangiarsi è una qualità che apprezzo del mio popolo, ma il pressapochismo unito alla bramosia di far soldi non mi piacciono affatto.

Ma passiamo alla descrizione della buonissima e raffinata cena. Da sinistra a destra: "Tian" di capesante, spätzli con piselli e asparagi, petti di faraona farciti, friandises e spuma a sorpresa (per la ricetta di questo dolce vi faccio attendere un po' :-)). Oltre a questi piatti c'era anche una deliziosa macedonia di ortaggi e, a precedere la cena, un aperitivo consumato nello studio di Toni Sàrcina, composto da tanti assaggini gustosi.

È sempre più raro trovare chi svolge il proprio lavoro con passione, quasi aghi nel pagliaio quegli insegnanti che si prodigano affinché gli allievi imparino davvero: per me ritrovarmi in Altopalato, vale a dire con valide e splendide persone, è stata una grande fortuna. E in autunno si ricomincia!!!

Etichette: ,

   ~~~~~
 

MEME: Senza non ci starei

Rispondo ben volentieri all'invito di Pip che mi passa la palla per il MEME lanciato da cuochetta.

A dire il vero, poiché penso che la tecnologia, seppur con danni di grosso impatto ambientale, ci è sempre venuta incontro, alleviando le fatiche delle massaie, io non starei senza una casa superaccessoriata, senza una grande cucina: al centro l'isola con i fornelli e una caterba di elettrodomestici dalle mille funzioni. Mi ritrovo, ahimè, con un buco di cucina che rende difficile la preparazione dei piatti, in quanto non so mai dove appoggiare oggetti e cibi e, soprattutto, non c'è spazio per gli elettrodomestici di cui sopra: di recente ho acquistato la macchina del pane, davvero favolosa, e vorrei comprare un robotino tuttofare...sarà un po' difficile sistemarlo, ma il solo pensiero di poter preparare una meringa italiana senza il rischio di ustionarmi mi solletica alquanto.
Tra tutti questi desideri, però, l'oggetto a cui sono più affezionata e al quale non rinuncerei per nulla al mondo è l'Imperia che mi ha regalato mia madre. Credo che le sfogliatrici di questa grande azienda, datata 1932, abbiano davvero fatto la storia degli italiani e trovino sempre un riscontro favorevole di generazione in generazione: anche a Katia l'ha regalata la sua mamma e ne è felicissima...con che coraggio poi si dice che le ragazze moderne non sanno fare nulla?
Ma perché senza non ci starei? Perché la "mia" Imperia è speciale, è proprio quella della mia mamma, se ne è privata lei per passarla a me, tanto «Io uso il mattarello!». Io pure a volte uso il mattarello, ma vuoi mettere una sfogliatrice che ti fa fettuccine e maccheroni alla chitarra?
Mi chiederete: «Ma quanti anni ha?». Una quarantina circa, non li dimostra vero?

Ops, dimenticavo! Passo ad Elena e a Katia.

Etichette: , ,

   ~~~~~
 

Elogio del burro: la béchamel

Penso che mai avrei scritto della béchamel se Giovanna non mi avesse chiesto chiarimenti a proposito del roux, base fondamentale di questa salsa, dopo aver letto un mio intervento in un sito dove si proponeva l'utilizzo dell'olio di oliva per il controllo del colesterolo nel sangue.
Premesso che ognuno è libero di cucinare come vuole, secondo i propri gusti e aderendo coerentemente alle proprie scelte etiche, io sostengo fortemente l'uso del burro e, sebbene non lo ami molto, quello del latte perché donano alla besciamella un sapore "morbido", estraneo sia all'olio di oliva che al latte di soia. Vegetariani, vegani e kosher non hanno alternative, ma sostenere che una piccola quantità di besciamella innalza il colesterolo nel sangue è davvero ridicolo. Trovo che la scienza dell'alimentazione diffonda spesso inutili spauracchi e "scoperte" veritiere fino ad un certo punto: il resveratrolo è una sostanza protettiva presente nel vino rosso, ma per ottenerne dei benefici dovremmo assumerne quantità incredibili rischiando sicuramente la cirrosi epatica; stesso discorso per il licopene dei pomodori.
A meno che non esistano patologie gravi, la dieta quotidiana di ognuno (e parlo di dieta alimentare, non dimagrante!) dovrebbe essere equilibrata, ricca di vitamine, sali minerali e fibre: se di tanto in tanto si gusta una besciamella preparata con latte e burro (ma anche patatine fritte, tanto per dire!) le analisi del sangue saranno sempre normali: io la besciamella non la metto nemmeno nelle lasagne "rosse", la uso per legare gli ingredienti nelle crépes, qualche volta nelle vellutate, quindi la quantità degli ingredienti incriminati, a porzione, è davvero minima. E visto che mi capita di mangiarla raramente, preferisco farlo come si deve!
C'è da aggiungere poi che il colesterolo è una difesa dell'organismo: i suoi livelli nel sangue possono alzarsi anche se l'alimentazione è corretta, a base di verdura e pesce, per esempio, ma si dorme poco, si fuma, si lavora tanto, praticamente in condizioni di stress che richiedono antiossidanti per contrastare l'azione dei radicali liberi. Sarebbe però un discorso troppo lungo da fare in questa sede.

Torniamo alla nostra besciamella, una delle salse "madri" per eccellenza, proprio in virtù delle varianti a cui ha dato origine.
La paternità viene attribuita a Louis de Béchamel (1630-1703), marchese di Nointel, maître alla corte di Re Luigi XIV. Alla sua figura è associato il famoso aforisma di S. Lopez: «Non occorre avere fondato un impero per passare alla posterità, basta avere inventato una salsa: guardate Béchamel!». In realtà una preparazione simile, precisamente la salsa colla, era già nota nell'Italia rinascimentale e, a quanto pare, fu Caterina de' Medici, nipote di Lorenzo il Magnifico e grande buongustaia, a portarla in Francia quando sposò Enrico d'Orleans. Trasferendosi, volle con sé il suo seguito di governanti, cuochi, pasticceri e questo contribuì a diffondere molti piatti della cucina toscana che oggi la Francia, avendoli perfezionati e riportati in auge, reclama come propri: la zuppa di cipolle, l'anatra con la melangola (canard à l'orange), il fegato farcito, crespelle e frittate, le rigaglie, gli spinaci, i piselli, i carciofi, etc. Ad ammetterlo, gli stessi cuochi francesi:

Dobbiamo riconoscere che i cuochi italiani che vennero in Francia al seguito di Caterina de' Medici all'epoca del suo matrimonio con Enrico II, furono all'origine della cucina francese, per gli elementi e i condimenti, per noi nuovi, che essi portarono e da cui i cuochi (La Varenne, De Masseliet, Valet, De La Chapelle, Carême, Escoffier) s'ispireranno così bene che non tarderanno a surclassare i loro iniziatori.

[Flammarion]

I cucinieri della seconda metà del Settecento avevano conosciuto il gusto della cucina italiana che Caterina de' Medici aveva introdotto alla corte di Francia.

[Antonin Carême]

Proprio i fiorentini hanno riformato l'antica cucina francese di tradizione medioevale; ad essi risale la cucina francese moderna.

[Jean Orieux]

Ingredienti e preparazione:
500 ml di latte - 50 g di burro - 50 g di farina - un pizzico di noce moscata - sale e pepe
Far fondere il burro in un tegamino, aggiungervi la farina e lasciarla rosolare per 2 minuti circa. Togliere il roux dal fuoco e farlo raffreddare un pochino; versarvi, in una sola volta, il latte che avrete portato ad ebollizione in un altro tegame. Porre di nuovo sul fuoco, riportare ad ebollizione, insaporire con sale, pepe e noce moscata e continuare la cottura della salsa, a fuoco moderato e a tegame coperto, per 8-10 minuti, mescolando di tanto in tanto.

Il roux, vale a dire il composto di burro e farina, può avere varie gradazioni di cottura a seconda di quanto viene tostata la farina: ovviamente il colore e il sapore saranno diversi e la salsa si presterà ad arricchire cibi più o meno delicati: per esempio, il roux chiaro (con farina poco tostata) si adatta bene alle vellutate, il roux medio a lasagne, crèpes o per gratinare, il roux scuro per addensare un fondo bruno.

Fonti
Per i riferimenti storici: Caterina De' Medici: le ricette di una regina di Leo Codacci - Maria Pacini Fazzi Editore.
Per la ricetta: Altopalato, centro di cultura enogastronomica, via Ausonio 13, 20123 Milano - tel. 0258111000 - info@altopalato.it

Etichette: , ,

   ~~~~~
 

Curd ai tre agrumi

Qualche mese Fiordizucca scrisse un post sulla lemon curd che Nelly aveva preparato per lei. Siccome è sempre stata una di quelle leccornie che ha maggiormente deliziato i miei soggiorni inglesi, da allora l'ho riprodotta e regalata più e più volte con grande approvazione di chi la riceveva in dono, ma anche per mio stesso diletto, poiché ho sempre abbondato con le dosi affinché ne avanzasse almeno un vasetto.
Di seguito rosso fragola ne ha realizzato la versione all'arancia; io, la scorsa settimana, in convalescenza e quindi un po' più libera dal lavoro, ho deciso di aggiungerci pure il lime, sebbene di lime biologici non ne abbia trovati...ma che mi importa? Fra tanti veleni che respiro, qualche anticrittogamico in più non farà tutto questo gran male :-)

L'effetto cromatico di giallo, arancio e verde era piacevolissimo alla vista d'insieme, né si è perso grattugiando le varie scorze che si individuavano distintamente in sospensione nella crema, soprattutto quella del lime.

Ingredienti (per la quantità in foto)

  • limoni bio: 2
  • lime: 1
  • arancia bio: 1
  • uova: 3
  • zucchero: 150 g
  • burro:100 g

Preparazione

In una casseruola faccio sciogliere lo zucchero con il succo degli agrumi, di cui, in precedenza, grattugio la scorza che unisco al composto. Aggiungo il burro e metto sul fuoco a bagnomaria. Mentre il burro si scioglie, batto le uova e unisco pure quelle passandole al setaccio. Mescolo gli ingredienti fin quando la crema si addensa e resta attaccata al cucchiaio di legno.
Verso calda nei vasetti sterilizzati, chiudo e capovolgo. La consumo entro pochi giorni, conservando in frigo.

Etichette: ,

   ~~~~~
 

Il Teatro 7 riapre i battenti

A non più di una settimana dal disastro provocato da un tossico (per i dettagli leggetevi questo post), il Teatro 7 ha riaperto al pubblico alla grande.
Deus ex machina della piacevolissima serata è stato proprio Paolo Marchi che ha proposto, a quanti volessero partecipare, di recarsi in via Civerchio con un dono e un sorriso, quali buon auspicio per Rico Guarnieri e Maria Barbato di continuare lungo un cammino intrapreso con gioia, disponibilità e grande sacrificio.

Avevo tanto sentito parlare del Teatro 7, sia per ciò che riguarda il ristorante che per i corsi, ma non avevo mai avuto l'occasione di farvi visita. Così un po' per la curiosità che mi caratterizza, un po' per solidarietà nei confronti di chi si guadagna la vita sudando, ho voluto brindare anche io "al nuovo inizio".
A parte la serata riuscitissima, il buon vino e il buon cibo, di cui il gastronomo riluttante ha fornito già un elenco, mi ha fatto piacere rincontrare Paolo e conoscere persone più o meno note, primo tra tutti il mitico Mucca, con il quale ci siamo rincorsi in più di un evento, senza mai trovarci.
Ho scambiato anche quattro chiacchiere con Maria Barbato che mi ha un po' descritto lo spirito del locale: sono stata positivamente colpita dal fatto che gli avventori un po' brontoloni o seccati per una lunga attesa possono entrare in cucina, vedere con quale cura vengono preparati i piatti, rendersi conto che non c'è nulla di precotto e poi, se proprio ne hanno voglia, possono anche mettersi a cucinare! Devo dire che questa voglia io l'ho avuta per tutta la sera (con la scusa avrei indossato pure my new brand chef attire!), ma i fornelli erano fin troppo affollati! Maria, inoltre, mi ha anticipato che è nato un nuovo spazio dove verranno spostati i corsi o in cui si potranno organizzare serate tra amici. Subito mi è balenata in mente un'idea per la cui realizzazione mi sono già messa in moto ;-)

Un plauso speciale va al piccolo Brando Marchi che, con l'eleganza di un vero Maître e tanto da insegnare a noi adulti, ha intrattenuto e curato, con meticolosa attenzione, gli avventori del locale...quando si dice che la classe non è acqua! A veder lui, divertirsi così tanto (il papà ha dovuto trascinarlo via a forza!), sarebbe auspicable che lo sfruttamento del lavoro minorile fosse tale per tutti i bambini!

Etichette: ,

   ~~~~~
 

Un viaggio di luoghi, di sapori e dell'anima

Sono un po' invidiosa di questa cosa, parecchio invidiosa. Partirei anche io il 27 maggio con Michele Marziani e Stefano Rossini a bordo della loro pilotina di 5,90 metri che li porterà a risalire il Grande Fiume, dal suo delta fino a Cremona, toccando le province di Ferrara, Rovigo, Mantova, Reggio Emilia, Parma e Piacenza.
Immagino undici giorni di tranquillità che tanto mi servirebbero per dimenticare questa mia città adottiva in cui vivere è sempre più difficile. L'acqua che lambisce la barca, la Natura nel suo pieno rigoglio, i suoni del fiume. E poi la scoperta di ciò che rimane della cultura fluviale padana, tra i volti della gente, nei gesti antichi, nelle ricette tramandate di generazione in generazione, nel calore che ti sa dare un buon bicchiere di vino.

Ogni giorno i racconti dei due marinai d'acqua dolce appariranno in vari spazi web: gli appunti di Michele, il taccuino di Stefano, la rivista di Alieutica e il blog di Random, l'associazione culturale di Pizzighettone che ha permesso, fornendo la barca, questo interessante progetto. Inoltre, dal materiale raccolto, Michele trarrà l'ispirazione per scrivere un libro che verrà pubblicato da Guido Tommasi, mentre gli scatti di Stefano troveranno spazio su alcuni giornali e riviste.

In bocca al lupo Michele: in questo tuo viaggio, sicuramente di crescita interiore, ti sono vicina con il cuore, il resto lo vivrò attraverso le tue parole.

Etichette: ,

   ~~~~~
 

Maccaroni di pane con il pesto

«Maccarò m'hai provocato...e io me te magno!» è la celebre frase che Alberto Sordi, nella parte di Nando Moriconi, recita in Un Americano a Roma di Steno, mentre si appresta a divorare un abbondante piatto di spaghetti.
Lungi dall'essere mera farsa, il film è piuttosto lo specchio dell'Italia del dopoguerra, così affascinata da quel popolo che l'aveva liberata, corrompendola con il cibo che le era mancato e l'illusione del benessere. Nando incarna il tipico filoamericano che, ingenuamente, perde la propria identità, abbracciando in tutto e per tutto quella cultura d'oltreoceano per ritrovare poi la patria di fronte al più tipico piatto italiano.

I maccaroni che vi propongo io non hanno nulla a che vedere con quelli dell'Albertone nazionale, ma fanno parte della cucina ligure, dove, accanto alle più note trofie e trenette, si contendono il sodalizio inscindibile con patate, fagiolini e il profumatissimo pesto.

Ingredienti (per 4/6)

  • farina: 200 g
  • pangrattato: 200 g
  • uovo: 1
  • acqua tiepida: 2 dl
  • fagiolini: 150 g
  • patata: 1
  • pesto: 3/4 cucchiai
  • sale

 

Per il pesto

Alla mia ricetta dedicherò un capitolo a parte. Bene o male tutti sanno preparare un buon pesto, quindi sbizzarritevi come volete, ma per favore, NON USATE l'aglio cotto come ho letto da qualche parte sul web: lo reputo davvero un sacrilegio atto a ROVINARE una salsa di per sé squisita...piuttosto, se proprio non lo sopportate, elimintelo, ma sappiate che vi priverete di tanti benefici!

Preparazione

Unisco pangrattato (io lo gratto sempre da me!), farina e sale e faccio la fontana, pongo l'uovo al centro e inizio ad impastare, aggiungendo acqua poco per volta. Lascio riposare per 30'. Nel frattempo taglio i fagiolini e la patata a piccoli rombi (foto sopra). Li sbollento in acqua salata per una decina di minuti, al termine passo in acqua fredda. Stendo la pasta con la sfogliatrice o con il mattarello, come in questo caso, e la taglio a losanghe con la rotellina per i ravioli. Aggiungo il sale all'acqua in ebollizione e "butto" la pasta. Intanto, in recipiente bello grande, sciolgo il pesto con un po' di acqua di cottura; una volta cotta la pasta (pochi minuti sono sufficienti), la verso nel recipiente e mescolo bene, se necessario, aggiungo altro pesto e acqua di cottura. Infine, vi unisco fagiolini e patate e mescolo di nuovo. Servo in un piatto da portata decorando con foglie di basilico fresco e pecorino (a piacere).


Etichette: , ,

   ~~~~~
 

Fiore di maggio

Dedicata a mio padre che quel giorno riempì la casa di rose e a mia madre per avermi donato la vita.

Etichette:

   ~~~~~
 

Così mangiavamo
Cinquant'anni di storia italiana fra tavola e costume

Non so quale sia il vostro rapporto con la lettura, ma a me capita spesso di comprare libri per poi lasciarli intonsi a lungo: li sfoglio velocemente, magari inizio a leggerli, poi li accantono su uno scaffale della libreria e li riapro quando evidentemente è giunto il momento propizio.

Del libro della Barzini avevo visto la presentazione lo scorso novembre presso lo spazio Moroso e sono rimasta subito incuriosita dalle parole dell'autrice e dalla proiezione di vecchi Caroselli che mi hanno riportata indietro nel tempo; poi, come al solito, in altre faccende affaccendata, mi è passato di mente e il libro l'ho comprato solo un mesetto fa, ma l'ho letteralmente "divorato"!

Della sua opera Stefania scrive:«Questo non è un libro di cucina, non è un'autobiografia, né un saggio storico e nemmeno una ricerca di costume. O meglio, è tutte queste cose messe insieme.». Partendo, infatti, dagli episodi più salienti della sua vita, l'autrice ci offre lo spaccato di mezzo secolo di storia italiana, in cui l'economia, la politica e le metamorfosi sociali sono scandite da mode e manie culinarie che hanno caratterizzato i cinque decenni presi in esame: si parte dai "duri" anni '50, in cui si sottolinea la paura del popolo nei confronti dello spettro della fame per poi passare ai "favolosi" anni '60, quelli del boom economico che si riflette negli abbondanti piatti di pasta e nell'introduzione di cibi fino ad allora inavvicinabili. Si prosegue con i "sovversivi" anni '70 e con l'avvento di regimi alimentari alternativi in opposizione al cibo "simbolo ed emblema della società del benessere". Si arriva agli "inutili" anni '80, improntati su una certa decadenza del cibo, sul contrasto tra i fisici supertonici e muscolosi di attori e top model e le pance della classe politica. Si termina con gli anni '90, con le sue sperimentazioni, con la novità delle cucine etniche e con la riscoperta del sano, del naturale, quasi a completare un ciclo iniziato mezzo secolo prima, grazie alle rivisitazioni di molti cibi "poveri", dei quali ora non ci si vergogna più. In quest'analisi socioantropologica si intersecano perfettamente scene riguardanti la famiglia dell'autrice nella quale, sebbene io abbia saltato il primo decennio e qualcosina in più, mi sono perfettamente ritrovata, compreso il fatto di essere monotematica nell'ordinare i piatti al ristorante e abbastanza credulona! E più che catapultarmi nostalgicamente nel passato, ho riso grazie alla sua ironica presa in giro di un bizzarro "come eravamo" e della messa al bando di alcuni piatti fortunatamente caduti nell'oblio; ma mi sono anche commossa ed emozionata nel ritrovare luoghi, canzoni, pubblicità.
A quegli stralci di vita, narrati in quel modo scorrevole che fa dimenticare di interrompere la lettura, la mia famiglia probabilmente si è uniformata come tante: pure nella mia non sono mancate le gite al litorale laziale con l'immancabile insalata di riso (con würstel e giardiniera che detestavo!), i mesi in montagna dai nonni tra gli animali della fattoria e le piante dell'orto, le penne alla vodka dei miei vent'anni (per me sono slittate di un decennio!), le linguine al salmone, il cocktail di scampi e la rucola ovunque!
Le ricette sono al termine di ogni capitolo, descritte, fra l'altro, in prima persona, una tecnica che amo particolarmente e che da tempo ho adottato anche in questo mio spazio (e che, ho notato, sta prendendo sempre più piede tra le blogger!). A caratterizzare ogni decennio anche elettrodomestici ed oggetti che hanno rivoluzionato la vita degli italiani o che sono stati riposti nei cassetti della memoria; e ancora tanti spot famosi e cinque film scelti come icone di ogni epoca ("Poveri ma belli", "Il sorpasso", "La grande abbuffata", "La febbre del sabato sera", "Ritorno al futuro"), oltre a tanti riferimenti cinematografici che costellano ogni pagina.
Nel libro ci sono poi dei momenti che ho apprezzato in special modo per l'estrema e sconcertante sincerità di Stefania, per esempio quando racconta di aver rubato in periodi di necessità e di essere pure stata scoperta o di aver provato, da bambina, un piacere quasi sadico, ma non certo ipocrita, nel tirare il collo ai pennuti perché era abituata al quel ciclo naturale della catena alimentare (visione che condivido in pieno).
E, per finire, le parole che forse meglio descrivono il suo approccio alla cucina...che poi è anche il mio:
Non era solo ciò che cucinava ad essere eccezionale, né solo i suoi sapori ad essere sorprendenti, erano soprattutto la grazia e la semplicità con cui quei piatti venivano offerti, ad essere speciali: la cucina di Emma aveva l'anima, la stessa anima calda e preziosa della sua signora e padrona. Fra i tanti regali che questa donna straordinaria mi ha donato c'è anche la certezza che la tavola sia sicuramente gusti e sapori, ma che senza armonia e generosità anche il più straordinario dei piatti resta sciapo.
Così mangiavamo: cinquant'anni di storia italiana fra tavola e costume - Stefania Aphel Barzini - Gambero Rosso Editore - € 18,00

Etichette:

   ~~~~~
 

 

Site meter