Non so quale sia il vostro rapporto con la lettura, ma a me capita spesso di comprare libri per poi lasciarli intonsi a lungo: li sfoglio velocemente, magari inizio a leggerli, poi li accantono su uno scaffale della libreria e li riapro quando evidentemente è giunto il momento propizio.
Del libro della Barzini avevo visto la presentazione lo scorso novembre presso lo spazio Moroso e sono rimasta subito incuriosita dalle parole dell'autrice e dalla proiezione di vecchi Caroselli che mi hanno riportata indietro nel tempo; poi, come al solito, in altre faccende affaccendata, mi è passato di mente e il libro l'ho comprato solo un mesetto fa, ma l'ho letteralmente "divorato"!
Della sua opera Stefania scrive:«Questo non è un libro di cucina, non è un'autobiografia, né un saggio storico e nemmeno una ricerca di costume. O meglio, è tutte queste cose messe insieme.».
Partendo, infatti, dagli episodi più salienti della sua vita, l'autrice ci offre lo spaccato di mezzo secolo di storia italiana, in cui l'economia, la politica e le metamorfosi sociali sono scandite da mode e manie culinarie che hanno caratterizzato i cinque decenni presi in esame: si parte dai "duri" anni '50, in cui si sottolinea la paura del popolo nei confronti dello spettro della fame per poi passare ai "favolosi" anni '60, quelli del boom economico che si riflette negli abbondanti piatti di pasta e nell'introduzione di cibi fino ad allora inavvicinabili. Si prosegue con i "sovversivi" anni '70 e con l'avvento di regimi alimentari alternativi in opposizione al cibo "simbolo ed emblema della società del benessere". Si arriva agli "inutili" anni '80, improntati su una certa decadenza del cibo, sul contrasto tra i fisici supertonici e muscolosi di attori e top model e le pance della classe politica. Si termina con gli anni '90, con le sue sperimentazioni, con la novità delle cucine etniche e con la riscoperta del sano, del naturale, quasi a completare un ciclo iniziato mezzo secolo prima, grazie alle rivisitazioni di molti cibi "poveri", dei quali ora non ci si vergogna più.
In quest'analisi socioantropologica si intersecano perfettamente scene riguardanti la famiglia dell'autrice nella quale, sebbene io abbia saltato il primo decennio e qualcosina in più, mi sono perfettamente ritrovata, compreso il fatto di essere monotematica nell'ordinare i piatti al ristorante e abbastanza credulona! E più che catapultarmi nostalgicamente nel passato, ho riso grazie alla sua ironica presa in giro di un bizzarro "come eravamo" e della messa al bando di alcuni piatti fortunatamente caduti nell'oblio; ma mi sono anche commossa ed emozionata nel ritrovare luoghi, canzoni, pubblicità.A quegli stralci di vita, narrati in quel modo scorrevole che fa dimenticare di interrompere la lettura, la mia famiglia probabilmente si è uniformata come tante: pure nella mia non sono mancate le gite al litorale laziale con l'immancabile insalata di riso (con würstel e giardiniera che detestavo!), i mesi in montagna dai nonni tra gli animali della fattoria e le piante dell'orto, le penne alla vodka dei miei vent'anni (per me sono slittate di un decennio!), le linguine al salmone, il cocktail di scampi e la rucola ovunque!
Le ricette sono al termine di ogni capitolo, descritte, fra l'altro, in prima persona, una tecnica che amo particolarmente e che da tempo ho adottato anche in questo mio spazio (e che, ho notato, sta prendendo sempre più piede tra le blogger!). A caratterizzare ogni decennio anche elettrodomestici ed oggetti che hanno rivoluzionato la vita degli italiani o che sono stati riposti nei cassetti della memoria; e ancora tanti spot famosi e cinque film scelti come icone di ogni epoca ("Poveri ma belli", "Il sorpasso", "La grande abbuffata", "La febbre del sabato sera", "Ritorno al futuro"), oltre a tanti riferimenti cinematografici che costellano ogni pagina.
Nel libro ci sono poi dei momenti che ho apprezzato in special modo per l'estrema e sconcertante sincerità di Stefania, per esempio quando racconta di aver rubato in periodi di necessità e di essere pure stata scoperta o di aver provato, da bambina, un piacere quasi sadico, ma non certo ipocrita, nel tirare il collo ai pennuti perché era abituata al quel ciclo naturale della catena alimentare (visione che condivido in pieno).
E, per finire, le parole che forse meglio descrivono il suo approccio alla cucina...che poi è anche il mio:
Non era solo ciò che cucinava ad essere eccezionale, né solo i suoi sapori ad essere sorprendenti, erano soprattutto la grazia e la semplicità con cui quei piatti venivano offerti, ad essere speciali: la cucina di Emma aveva l'anima, la stessa anima calda e preziosa della sua signora e padrona. Fra i tanti regali che questa donna straordinaria mi ha donato c'è anche la certezza che la tavola sia sicuramente gusti e sapori, ma che senza armonia e generosità anche il più straordinario dei piatti resta sciapo.Così mangiavamo: cinquant'anni di storia italiana fra tavola e costume - Stefania Aphel Barzini - Gambero Rosso Editore - € 18,00
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