Ricette dal carcere

Il gambero neroSi legge tutto d'un fiato e si scopre un mondo sconosciuto attraverso gli occhi di un sensibile fotografo: un giorno Michele Marziani e Davide Dutto entrano nel carcere di Fossano, in provincia di Cuneo, uno racconta, l'altro scruta con sguardo curioso.
Il gambero nero è un libro in circolazione da qualche mese ormai, ma solo ieri, alla Feltrinelli di via Buenos Aires (Milano), l'incontro con gli autori.
Si vuole precisare che non è un ricettario: è vero ci sono pure le ricette, ma l'attenzione è più di carattere socio-antropologico che gastronomico.
Del carcere non si parla mai e se ne ha una visione lontana dalla realtà. In carcere persone di etnie diverse convivono a stretto contatto ed ognuno porta con sé il suo bagaglio di cultura, di povertà, di esperienza, di ricordi legati al cibo, agli odori dell'infanzia, quelli che, ovunque andiamo, ci portiamo dentro e rappresentano quanto c'è di buono in ogni essere umano.
In carcere la dimensione temporale sfuma. Si deve trascorrere il tempo ed è bene investirlo nel miglior modo possibile. Le ore si susseguono senza essere segnate dai ritmi frenetici di chi è al di là del muro, per cui la preparazione di un piatto artificioso è lenta ed accurata. Si parla del couscous: in carcere non ne esistono di pronti. Ci si deve arrangiare con gli utensili a disposizione, non si possono usare coltelli, ci si ingegna a tagliare le verdure con i coperchi delle lattine.
Si racconta anche di un ecuadoregno e di un cileno che discutono su quale piatto identificativo delle loro terre si possa preparare finché si decide per il pollo con peperoni e riso. Un anziano carcerato, piemontese, brontola di fronte ad un piatto in cui tutto è mescolato, per cui gli viene servito prima il riso con le verdure e poi il pollo con le verdure. Ecco, anche in questo si vede come possa emergere, in un universo di privazione, la parte migliore degli invividui che, in tale frangente, hanno dimostrato rispetto per la persona più anziana, pazienza e bonaria condiscendenza.
La parte migliore, quella di cui andar fieri, è anche quella di Ciro che ha insegnato a preparare la pizza in molte carceri italiane:

"Conflitto a fuoco con i carabinieri", risponde Ciro, napoletano verace, mentre impasta la pizza. A guardare gli occhi da scugnizzo e il fisico da ex garzone di bottega, sembra impossibile che quelle mani capaci di modellare a regola d'arte l'impasto siano altrettanto svelte a impugnare una pistola. "Modestamente", prosegue Ciro, "io ho insegnato a fare la pizza in tante carceri italiane". Non sarà un gran vanto, però è il suo e ci tiene.

Una grande attenzione all'aspetto umano, quindi, in questo libro, dove i veri protagonisti sono i gusti dei carcerati, il loro sapere, da condividere e trasmettere.
Le cento immagini, oltre a fornirci un ritratto di un mondo altro attraverso l'impatto visivo, sono correlate da didascalie che "raccontano" la provenienza dei personaggi ritratti, la loro storia, aneddoti, abitudini, curiosità.
Michele e Davide, nell'introduzione, ringraziano, come è corretto fare quando si è invitati a pranzo, ma non solo per quello, le persone a cui è dedicato il libro che si chiude con una bellissima foto, carica di simbolismo, che racchiude la speranza di una nuova, riconquistata libertà nel volo di mille uccelli.

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